Un’altra voce

Posted: Aprile 29th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Un’altra voce

A Couflens, in Francia, la compagnia “Varsican Mines” ha ottenuto un permesso esclusivo di ricerche minerarie (PERM) nell’ex-miniera di tungsteno di Salau, attiva tra il 1971 e il 1986.
«I lavori di esplorazione previsti hanno l’obiettivo di valutare le riserve, nonché la fattibilità di una fabbrica metallurgica di trasformazione del tungsteno nel dipartimento dell’Ariège» – si era vantato nell’ottobre 2016 il Segretario di Stato all’Industria.
Da allora, malgrado le proteste cittadiniste ed ecologiste locali contro la riapertura della miniera, sono stati avviati studi per cercare di rialimentare col tungsteno made in Frrrance l’industria militare ed aeronautica, particolarmente affezionata a quel metallo prezioso.
Ma ieri finalmente un’altra voce si è auto-invitata al dibattito, anonimo e distruttivo: quella dell’azione diretta contro questo progetto di morte. Nella notte tra il 25 e il 26 aprile, un sabotaggio incendiario ha ampiamente danneggiato le strutture esistenti (l’edificio tecnico e gli uffici). Recentemente, diverse decine di migliaia di euro erano state investite nella ristrutturazione di quegli edifici.
I piromani hanno inizialmente distrutto un muro a colpi di mazza posto sul retro dell’officina, prima di introdurre parecchi pneumatici con cui hanno appiccato il fuoco. Un serbatoio contenente 1000 litri di olio combustibile è esploso nell’incendio e un gruppo elettrogeno è andato distrutto, così come il tetto dell’officina, la cui struttura metallica si è parzialmente fusa.
Negli uffici, un secondo incendio ha attecchito sul pavimento in PVC, danneggiandolo.


La polvere sotto il TAP-peto

Posted: Aprile 20th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su La polvere sotto il TAP-peto

In questi mesi molta attenzione è stata posta sull’Operazione Ramoscello d’Ulivo condotta dalla Turchia nei territori del Kurdistan siriano. Il presidente Erdogan vede in tale operazione una soluzione contro il “terrorismo”, giustificando in tal modo il massacrare da parte del suo esercito migliaia di esseri umani. Le truppe turche hanno come appoggio i “ribelli”, che appartengono a diversi movimenti: turcomanni, Esercito Siriano Libero (FSA), e infine il movimento jihadista ex Fronte al-nusra, l’Hayat Tahir al-Cham (Organizzazione per la liberazione della Siria). Di fronte ad essi le milizie curde siriane sono la principale componente delle Forze Democratiche siriane (FDS), sostenute dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti nata per opporsi a Daesh (nota anche come Isis). Eppure non ci sono consiglieri statunitensi nel cantone di Afrin (la città conquistata dalle truppe turche), in quanto la loro presenza è limitata ai cantoni orientali di Konané e Hasaké. Non sono dunque le FDS a trovarsi nel mirino, ma piuttosto lo YPG (L’Unità di Protezione Popolare Curda).

L’Operazione Ramoscello d’Ulivo è necessaria a Erdogan per ricostruire il sogno imperiale ottomano. Tutto ciò è possibile solo perché il ruolo geopolitico del suo paese glielo permette: da un lato controlla per l’UE le “nostre” frontiere orientali, tenendo lontani gli indesiderabili, dall’altro controlla l’afflusso delle risorse energetiche nel vecchio continente. La centralità del settore energetico per il potere turco è stata sottolineata ancora una volta a metà febbraio 2018, con il blocco militare della nave italiana Saipem 12000 (proprietà di ENI) al largo di Cipro, in acque contese: quegli idrocarburi che i tecnici italiani stanno cercando devono restare nella sfera d’influenza turca, non c’è santo che tenga.

Il gasdotto TAP, quindi, ha un forte peso geopolitico, attraversando tutta la penisola anatolica per collegare la Puglia all’Azerbaigian: rafforza il potere di Erdogan perché gli affida ancora più risorse energetiche da utilizzare per i suoi ricatti geopolitici. Sostenere TAP quindi significa sostenere tanto i futuri elementi della legittimazione geopolitica turca quanto l’attuale guerra. Contrapporsi al TAP è necessario non solo perché si tratta di una nocività, ma anche perché la lotta contro questa opera va a colpire i responsabili dei massacri che avvengono in Medio Oriente e porta ad opporsi alle ambizioni geopolitiche turche ed a quelle di tutti gli altri paesi che fanno del gas e del petrolio giustificazione dei bombardamenti.

Occorre trovare un modo per intervenire nella realtà, agire nel proprio circostante, per esempio colpendo la guerra laddove viene prodotta o dove viene rinsaldato il ruolo geopolitico dei diversi Stati. Pensare alle connessioni di questo mondo, ed attaccare qui e ora, potrebbe creare riverberi dalle conseguenze inaspettate, in grado di condurci fin nei luoghi più impensati.

Hezurdura

[Frangenti n°23, 20 aprile 2018]


Piovono pietre

Posted: Aprile 16th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Piovono pietre

Pochi giorni sono passati da quando è stato effettuato un arresto nei confronti di un manifestante contro Tap, accusato di aver lanciato pietre sulla polizia che scortava dei camion diretti al cantiere, per provare a bloccarli.

Com’è ovvio, la canea mediatica ha dato il peggio di sé, approfittando delle lamentele del questore per il fatto che nessuno abbia ringraziato lui e i suoi scherani per il lavoro svolto quotidianamente, tra cui quello di impiegare migliaia di sbirri di ogni genere, pronti a bastonare nel nome della Democrazia. Perché non bisogna dimenticare che questo è il ruolo di ogni sbirro in ogni parte del mondo: difendere l’ordine costituito a suon di bastonate, lacrimogeni, idranti, colpi di pistola… Pratica che sarebbe stupido lamentare come violenta o eccessiva solo in alcuni casi, ma che è regola non solo con chi manifesta contro una grande opera, ma contro il ragazzo beccato a spacciare, l’immigrato clandestino, l’ubriaco che schiamazza per strada… Ordine e Manganello sono uno complementare all’altro, vivono in simbiosi. Gli Stati non reggono solo sul Diritto, ma sulla Forza che di quel Diritto è emanazione.

Alla luce di ciò, non scandalizza affatto che piovano pietre sugli sbirri in generale, ed in particolare quando difendono il colonialista di turno – Tap, nel caso specifico – che vuole imporre un’opera osteggiata da molti. Meraviglia invece il contrario; meraviglia che quelle pietre siano così poche. Sorprende che a lanciarle sia una parte di coloro che contestano il gasdotto, mentre altri depositano ricorsi. Sorprende, semmai, che nel corso dei blocchi a scendere dai marciapiede sia solo una parte dei manifestanti, mentre altri restano immobili a riprendere col telefonino. Sorprende che quando accade un sabotaggio ci sia sempre chi urla al complotto e alla dietrologia del “se lo sono fatto da soli” e non si inizi invece a riflettere, ognuno guardando nel suo cuore ed aprendo la mente alla più sfrenata fantasia, in quale altro modo sia possibile intervenire per fare altrettanto ed anche di peggio. Perché per bloccare Tap questa sarebbe la strada migliore: il sabotaggio diffuso che lo colpisca in ogni suo aspetto; l’attacco diretto verso tutti coloro – uomini, mezzi e strutture – che ne permettono e garantiscono la costruzione.

Le forze dell’ordine sono solo il tassello più immediatamente riconoscibile di tutto questo meccanismo.

Che le pietre continuino a piovere.


Wiebo’s war

Posted: Aprile 10th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Wiebo’s war

 di David York (2011)

Wiebo Ludwig può essere considerato il John Brown della lotta contro la schiavitù industriale. Assieme ai suoi seguaci nel 1985 aveva fondato una comunità cristiana in una sperduta zona del Canada, lontano dalla modernità, al fine di mettere in pratica le proprie convinzioni. Ma la società che avevano abbandonato li raggiunse, li circondò, li avvelenò. Sotto il loro terreno si trovava infatti un enorme giacimento di petrolio. Per alcuni anni la piccola comunità si oppose all’invasione delle grandi multinazionali ricorrendo alle vie legali, finché dovette arrendersi davanti all’evidenza: l’interesse economico ed il progresso tecnico sono incompatibili con ogni valore morale o etico. Fra queste esigenze contrapposte non può esserci alcun compromesso, alcuna via di mezzo. Dopo aver iniziato a seppellire animali ed esseri umani uccisi dai veleni industriali, al reverendo Ludwig non rimase che interrogare la propria coscienza: rassegnarsi o combattere? Fu allora che Wiebo prese la sua decisione, impugnò l’arma del sabotaggio ed iniziò la sua guerra.

Incuriosito dalla sua storia, il regista David York è andato a trovarlo riuscendo a farsi ospitare per un lungo periodo nella sua comunità. Wiebo Ludwig è morto nell’aprile del 2012, a 71 anni. Il giorno dopo la sua sepoltura, la polizia canadese ha chiesto la riesumazione del cadavere allo scopo di prelevarne le impronte digitali e verificare l’effettivo decesso del celebre “eco-guerriero” canadese.

Proiezione: Venerdì 13 aprile alle 20,30 presso TILT


Un’altra forma di dibattito

Posted: Aprile 10th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Un’altra forma di dibattito

Il progetto di parco eolico nelle Hautes-Corbières, in Francia, è materia di discussione da parecchi mesi. Numerose riunioni di informazione sui Comuni coinvolti sono in atto con un dibattito “obbligatorio” fra chi è d’accordo col progetto e chi è contrario. Uno scambio costruttivo ed essenziale tra le due parti – così viene definito…

Nel frattempo c’è chi ha sviluppato altre forme più creative e diversificate di dibattito, ad esempio bucando gli pneumatici dell’auto del direttore delle energie alternative, o tagliando i cavi dei pali di misurazione eolica. È accaduto di nuovo alla fine dello scorso mese di marzo: altri cavi tranciati, un’altra torre danneggiata. Per qualcuno un dibattito così impostato potrà sembrare poco costruttivo, ma in fondo chi può dirlo?


Luoghi comuni

Posted: Aprile 6th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Luoghi comuni

Tutti noi siamo nati e cresciuti in questo mondo di supermercati e banche, caserme e tribunali, dove fare la fila e chiedere permesso. Ma siamo davvero convinti che sia il solo possibile? Si direbbe di sì, se si considera la reazione provocata da chi sfida certi luoghi comuni.

Se qualcuno mette in dubbio la necessità dello Stato, ad esempio, viene sospettato di volere stupri ed omicidi ad ogni angolo della strada. Eppure una organizzazione sociale basata sull’autonomia e la responsabilità dei singoli individui favorirebbe una diminuzione dei “delitti”, non un loro incremento. Inoltre l’assenza delle forze dell’ordine spingerebbe le persone ad imparare a difendersi da sé, non a rimanere in balìa del sopruso. Infine, lo Stato non può impedire comunque il verificarsi di simili atti, al massimo cercare di punirli (sempre che a compierli non siano i suoi stessi uomini).

Se qualcuno mette in dubbio la necessità del lavoro, viene deriso per voler vivere sdraiato in attesa che un frutto maturo gli cada in bocca dall’albero. Eppure il lavoro non è sinonimo di attività umana, così come Stato non è sinonimo di organizzazione sociale. Il lavoro è lo sfruttamento dell’attività umana, la sua riduzione a produzione di merci e servizi. Il lavoro non viene quasi mai scelto, si prende quello che viene offerto (fosse anche il più nocivo e insensato). Si producono merci scadenti e si prestano servizi mediocri per conto di qualcun altro. Si fatica solo per ottenere denaro con cui comprare merci scadenti e pagare servizi mediocri. Lavoro è il nome dato all’attività umana quando ci si prostituisce all’economia di mercato pur di sopravvivere.

Se qualcuno mette in dubbio la necessità di centrali a carbone e gasdotti, di parchi eolici o solari, viene accusato di voler far morire gli ammalati negli ospedali o voler far vivere i sani nel disagio. Eppure l’energia necessaria all’essere umano per vivere (anche bene) è una minima parte di quella prodotta, la cui stragrande maggioranza serve solo per fare affari, fare politica, fare guerre.

Non abbiamo bisogno dello Stato, possiamo auto-organizzarci senza venire organizzati da altri. Non abbiamo bisogno del lavoro, possiamo costruire e creare senza dover produrre per conto di altri. E non abbiamo bisogno di enormi quantità di energia, possiamo vivere senza dover saccheggiare e devastare il pianeta che ci ospita.

La sola cosa da fare è uscire dai luoghi comuni.


Tilt numero 2

Posted: Aprile 6th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Tilt numero 2

È uscito il nuovo foglio

In questo numero:

• Luoghi comuni

• L’anima e gli ingegneri

• Il loro mestiere

• Il proprio dovere

• Unità di misura

• Il grigiore dei giorni nostri

• Il lavoro è un ricatto

• Frammenti