L’eolico, la guerra e la pace

Posted: Agosto 12th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su L’eolico, la guerra e la pace

Nelle prime ore della notte del 3 agosto, nel nord Bugey, alcuni nottambuli s’avventurano su un crinale un tempo coronato dalle cime degli alberi, oggi dominato dalle macchine dell’industria eolica. È per esse che i ribelli sono usciti stanotte, per distruggerne una, o magari due. Si danno da fare e presto si ritirano nei boschi. Alle loro spalle, a circa 100 metri al di sopra del suolo, le fiamme cominciano a consumare la struttura con un crepitio metallico.

Il Bugey è già tristemente celebre per la sua centrale elettronucleare. Ahinoi, le infrastrutture dell’atomo non hanno l’esclusiva nella distruzione di queste contrade trasformate in risorse, preliminare della energia-merce. Qui la foresta è lacerata da linee elettriche e da strade sterrate, devastata da città e villaggi, con le loro segherie, cave, stazioni sciistiche… e ora col loro parco eolico.

Si può studiare attentamente un modo di produzione, analizzando un gran numero di parametri relativi. Si possono fare calcoli, analogie, paragoni, ipotesi, deduzioni. Si può anche considerare che tutti questi dati seri sono gli elementi del linguaggio di una mentalità tecnica e quantitativa, che questa stessa mentalità scientifica presiede ovunque all’amministrazione di persone e cose. Che non esistono energie alternative o rinnovabili. Total, Areva, EDF e Vinci sono tra i maggiori investitori nel settore eolico. Che esiste un solo leviatano che diversifica e ottimizza la sua produzione di megawatt. Una guerra insidiosa e devastante viene combattuta contro tutto ciò che non è ancora riducibile al capitale. Che lo si ignori o che lo si riconosca, essa ha conseguenze tragiche sulle nostre vite. Ribelli senza causa né speranza, entriamo in questa guerra consapevoli di essere niente, desiderando tutto. Vittoria e sconfitta non sono più nel nostro lessico, l’essenziale è altrove, si trova interamente nell’atto di combattere.

Di questa guerra, che si intensifica sugli sfruttati che resistono da molti anni, andiamo fieri e inviamo il nostro più alto rispetto a tutti i ribelli che lottano contro i nostri nemici. Grazie a te Burienne che combatti contro il nucleare e il suo mondo, a te a Briançon e dintorni, che vuoi distruggere le frontiere e mostri la più bella solidarietà internazionale, grazie alla Borie e tutti gli altri squat che sono altrettanti bastioni contro un ambiente mortifero in cui la legge ELAN è una nuova arma di distruzione di massa nei confronti delle occupazioni.

A tutti coloro che non hanno relegato i loro sogni sul cammino del rimpianto, grazie, le vostre battaglie ci ispirano.

Lo Stato è in guerra e dispone di mezzi illimitati per domare la ribellione (militari, sbirri, servizi segreti, media, scuola …). Finiremo, senza alcun dubbio, come molti dei nostri amici, compagni ed antenati, prigionieri di guerra come nemici della repubblica o uccisi da questa milizia. La prigione, arma di terrore utilizzata per dissuadere, reprimere e poi distruggere la nostra vita sociale. Il terrorismo di Stato si abbatte sulle classi più povere con questa arma che distrugge la nostra immaginazione, i nostri desideri, e quando il terrore psicologico non è sufficiente si spinge fino a distruggere le nostre carni. È spaventato, uccide, mutila e si serve delle peggiori tecniche di manipolazione di massa per pacificare la popolazione.

Ci sottraiamo alla passività e alla rassegnazione di fronte a questa guerra di cui non vedremo la fine.

Poiché le nostre vite sono condannate, combatteremo fino alla fine.

da nantes.indymedia.org/articles/42325


Combattere il TAP

Posted: Agosto 1st, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Combattere il TAP

Il Trans Adriatic Pipeline (TAP) è in via di costruzione al fine di trasportare gas naturale dal Mar Caspio in Europa. Il gasdotto partirà vicino al villaggio greco di Kipoi al confine con la Turchia (dove si collega con il Trans Anatolian Pipeline). Da lì dovrebbe attraversare il nord della Grecia per 550 chilometri, arrivare poi in Albania da dove attraverso il mare Adriatico raggiungere nuovamente la terraferma nel Salento, in Italia. Lungo il tracciato in Grecia, il gasdotto dovrebbe contemplare 22 stazioni con valvole di blocco (punti in cui è possibile chiudere il gasdotto, ad esempio per motivi di sicurezza o di manutenzione), una stazione di compressione vicino a Kipoi ed un’altra vicino a Serres (in cui la pressione viene aumentata per ottimizzare il trasporto). Il progetto ha iniziato ad essere sviluppato nel 2003, nel 2015 sono stati avviati i lavori reali in Albania. Nel frattempo i lavori sono cominciati anche in Italia ed in Grecia.

I testi qui pubblicati sono stati scritti in Italia, dove è in corso una lotta contro questo progetto del potere. I testi parlano della specificità di questo progetto e dei suoi diretti responsabili, della distruzione ecologica e della militarizzazione dei territori, ma anche del valore simbolico di questo progetto per l’economia, lo Stato e l’oppressione in generale. Gli scritti si concentrano su questo elemento specifico del sistema, ma con un occhio costante sulla realtà più vasta, sulla totalità del dominio di cui esso è una parte. Questi testi non hanno altra intenzione che quella di incoraggiare chiunque, ovunque, anche in pochi, a sabotare ed attaccare questo progetto, chi ne trarrà profitto e l’esistente che servirà.

Infine, o meglio per cominciare, i seguenti testi propongono un metodo, un modo per lottare, a chiunque voglia battersi contro questo gasdotto. Essi sottolineano la possibilità e l’importanza di lottare in modo autonomo, anti-istituzionale e diretto, di sabotare e distruggere ciò che ci sta distruggendo.
Come potremmo combattere il mondo della politica usando la politica? Come potremmo combattere il mondo dell’autorità creando noi stessi leader e capetti? Come potremmo combattere questo mondo che cerca di privarci di ogni reale autonomia, delegando noi stessi una parte delle nostre lotte ai media o all’opinione pubblica? Non è possibile, sarebbe una presa in giro.
Nel modo in cui ci poniamo in conflitto con questo mondo, portiamo le idee di un mondo nuovo e totalmente diverso. E queste idee prendono vita qui ed ora, nella nostra rivolta contro il dominio.

Atene 2018

Elenco dei testi:
1 / Combattere il TAP
3 / Alcune righe sul TAP
11 / Dall’altra parte
23 / Ridendo, sotto sotto…
25 / A cosa serve l’energia?
35 / La guerra in casa
37 / Alcuni indirizzi utili

Μάχοντας τον TAP

 


Quali parassiti

Posted: Luglio 18th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Quali parassiti

I testi di seguito riportati, datati pochi anni fa ma ancora attuali, esprimono alcune considerazioni sulla questione Xylella nel Salento, il famoso batterio che, secondo la scienza, sarebbe il responsabile del disseccamento degli ulivi nel Salento. Nell’aprile scorso il ministro uscente per l’agricoltura Martina, ha emanato un decreto che impone l’irrorazione di insetticidi e pesticidi su larga scala, dal ciglio delle strade alle campagne, per ettari e ettari di terreni, nonché l’abbattimento delle piante infette e quelle circostanti, al fine di arginare l’insetto vettore. Inutile sottolineare la natura ecocida di tale decreto che addirittura obbliga l’utilizzo di prodotti messi al bando dall’Unione Europea perché neurotossici e dagli effetti devastanti per le api.

Chissà se avrà avuto in mente tutto questo chi, qualche tempo fa, ha imbrattato una sede del ministero delle politiche agricole a Lecce e lasciato volantini contrari a Tap, ai pesticidi e alla repressione. Oppure avrà avuto in mente le parole dell’illuminato sindaco di Lecce che al contrario di altri sindaci che hanno annunciato disobbedienza al decreto, seppur nell’ambito delle regole democratiche, ha affermato che la gerarchia, l’autorità e la legge vanno rispettate e che bisogna avere fiducia nella scienza. Ma può anche essere che per compiere certi semplici gesti non ci sia bisogno di avere in mente poi tante cose. Basta essere privi dell’ipocrisia democratica e provare quel rifiuto necessario verso ogni imposizione, soprattutto se chiaramente dannosa verso chiunque.

Due testi su parassiti e Xylella


No a Tap, per bloccare tutto!

Posted: Luglio 13th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su No a Tap, per bloccare tutto!

Da alcuni anni a questa parte ormai la questione Tap è balzata agli onori delle cronache.

Esattamente dal 2013, quando il consorzio Tap è stato scelto per la realizzazione di un gasdotto  attraverso Turchia, Grecia, Albania, Mar Adriatico fino all’Italia con approdo in Salento, per collegarsi a un altro gasdotto, il Tanap, che unisce la Turchia all’Azerbaigian (dove si trovano i giacimenti di gas naturale), per diventare infine Snam, risalendo lungo la dorsale appenninica italiana – la cosiddetta “rete Adriatica” – fino all’Austria.

Migliaia di chilometri di tubi, alcune centrali di pressurizzazione e depressurizzazione del gas, pozzi di spinta, microtunnel per collegare la terraferma al mare, cavi di fibra ottica per tutto il tracciato, cantieri che distruggeranno pezzi di paesaggio e ambienti locali, forti rischi di incidenti ed esplosione, inquinamento atmosferico, mezzi pesanti che percorreranno le strade per anni, aumento esponenziale della quantità delle forze di polizia, trasformazione industriale dell’economia di un territorio e conseguente perdita delle possibilità che le persone che li abitano possano scegliere di darsi. Ce lo ha mostrato l’Ilva di Taranto, a pochi chilometri da Lecce e da Melendugno, dove il gasdotto approderà. Presentata negli anni Sessanta come avanguardia del progresso, l’Ilva, il più grosso impianto siderurgico europeo, ha lasciato dietro di sé solo il deserto, animato da un alto concentramento di tumori e malattie e nessun’altra possibilità di sopravvivenza compatibile con l’impianto. Da alcuni anni a questa parte ciò sta accadendo anche nella provincia di Lecce. L’affare Xilella e il disseccamento degli ulivi, con il grave sospetto, affermato addirittura dalla magistratura, che tutto sia iniziato e continui al fine di favorire le grosse multinazionali agro-farmaceutiche, quali Monsanto, Bayer, e altre, insieme al gasdotto Tap, dà l’idea di un tentativo di trasformazione radicale di un territorio, probabilmente ritenuto poco produttivo da un’economia abituata a sfruttare ogni centimetro quadrato sfruttabile. Il recente decreto del ministro italiano per l’agricoltura che, per arginare la xylella impone un uso massiccio di pesticidi, dai cigli della strada alle campagne, pena multe salate, né è assolutamente una conferma. Le cosiddette energie rinnovabili con i loro parchi eolici e fotovoltaici (ed evidente capovolgimento del linguaggio), centrali a biomasse e forte cementificazione e privatizzazione delle coste, queste ultime finalizzate a favorire il turismo, fanno da cornice importante a questo quadro.

 

Energia

Ma se uno sguardo locale può esserci d’aiuto, questo risulta essere assolutamente limitato e limitante se si vuole capire meglio che cos’è il gasdotto Tap, quali sono le sue implicazioni e la sua ragion d’essere, che è principalmente la stessa che afferisce alle fonti che producono o trasportano energia. Questa società o questo sistema, che tanti considerano inseparabile dall’apparato Stato, dagli apparati burocratici internazionali e da quelli economici che dettano le regole a livello finanziario globale, è fortemente energivoro e lo sarà sempre di più, e basta poco per rendersi conto di quanto questa riflessione sia imprescindibile. Due esempi su tutti ci dimostrano quanto la necessità di energia sia ritenuta irrinunciabile e, per questo, considerata strategica, primaria.

Che l’economia capitalista si alimenti attraverso la guerra non è un fatto nuovo. Le guerre spesso vengono scatenate proprio per dare nuova linfa ad economie statali in crisi, attraverso la produzione di armi e macchine belliche. Oppure è proprio la ricerca, il possesso, la gestione di fonti energetiche fossili a dettare il calendario di qualche guerra. Si veda ad esempio quanto accade in Siria, dove esistono proprio grandi giacimenti di gas naturale e dove da tempo la popolazione viene martoriata in una guerra dimenticata. Qualunque siano le ragioni che alimentano un conflitto bellico e la conseguente dose di morte e devastazione che si porta dietro, esso non può avvenire senza un utilizzo impressionante di energia. Il consumo di un solo caccia bombardiere (un caccia F-15 consuma 7000 litri di cherosene all’ora) può dare un’indicazione significativa.

Altro esempio è quello della tecnologia in riferimento all’approvvigionamento di fonti energetiche che, inutile dirlo, non si sostituiscono le une alle altre, ma si sommano. Le fonti rinnovabili ad esempio non rappresentano un’alternativa alle fonti fossili ma sono ad esse complementari nella proliferazione e nella gestione di questo mondo.

La tecnologia ne è ormai il pilastro portante. E sono note le analisi su implicazioni, conseguenze, problematiche, irreversibilità, sia per la natura e sia per le persone, da un punto vista ambientale e forse soprattutto sociale. Le città, con il modello smart cities, saranno sempre più centri pulsanti della connessione e della comunicazione veloce, oltreché del controllo di ogni aspetto della vita quotidiana. Nel 1800 fu l’introduzione dei codici come modelli normativi a dare all’organizzazione sociale chiamata Stato la sua intromissione in ogni aspetto della vita del cittadino. Oggi i codici che controllano tutto e tutti sono gli algoritmi informatici. Ad essere in pericolo in effetti, in una società totalizzante e livellante, omologata, rigida, incasellata, sotto controllo, sono le stesse pulsioni, emozioni, capacità, pensieri. E ciò lo stiamo vivendo già con il dilagare dell’utilizzo degli smartphone, strumenti fondamentali anche di una smart cities. Per permettere la produzione, la vita e lo smaltimento di milioni di smartphone, così come per alimentare una smart cities o una qualunque città con il suo fabbisogno tecnologico, oppure per alimentare un server informatico è necessario un approvvigionamento di energia imponente e quindi è necessario incidere sulla natura, devastandola, realizzando qualche gasdotto o qualche parco eolico, oppure estrarre ancora delle fonti fossili. Se a tutto ciò si aggiunge l’energia necessaria alla produzione di una quantità sproporzionata di merci, e alla loro distribuzione, il quadro risulta essere ancora più chiaro.

Per questo non può che essere una favola quella della sostenibilità delle fonti energetiche o di una green economy che salvaguarda l’ambiente. Niente è sostenibile con questo modello sociale, si tratta semplicemente della gestione di una catastrofe.

 

Internazionalizzare la protesta

A cosa può servire quindi opporsi ad un gasdotto.

Come è possibile affiancare un’opposizione nei confronti di una nocività specifica ad un’opposizione più generale. Come fare a coniugare un’opposizione che spesso rischia di impantanarsi nella difesa di un lembo di terra, con l’attacco a questo mondo. Come fare a rendere l’opposizione al gasdotto Tap un’occasione per mettere in discussione molto altro.  Per autorganizzarsi, per guardare oltre il proprio giardino, per prendere consapevolezza, per andare oltre il riformismo e l’educazione statale, per riflettere sulla necessità della violenza da un lato e sulla società dello spettacolo dall’altro. Per tralasciare gli orpelli e i dispositivi di una vita ingabbiata e andare verso l’incertezza dell’immaginario.

Gli strumenti di cui ci siamo dotati sono stati il rifiuto costante della delega, la critica dell’opposizione riformista e dello Stato, l’orizzontalità. E questi strumenti sono stati necessari negli anni per portare avanti un discorso di controinformazione costante e coerente e azioni di disturbo; nel corso degli anni, inoltre, sono stati compiuti alcuni sabotaggi anonimi. La ricerca del nemico, con tutte le sue ramificazioni, ha consentito di stilare una lunga lista di contrattisti e appaltanti di Tap, a cominciare dal suo azionariato fino alle ditte locali vendutesi per un piatto di lenticchie.

Questa è sicuramente una possibilità che può internazionalizzare l’opposizione al gasdotto Tap e renderla più insidiosa e generale. Anche perché tra i contrattisti non vi sono solo le più grandi multinazionali che si occupano di oil e gas come Eni, Saipem, British Petroleum, Snam e compagnia bella, ma anche aziende come Siemens, che si occupa di smart cities, Honeywell e Himachal che si occupano di fibre ottiche, robot, alta tecnologia.

Il collegamento necessario con la guerra è l’altro aspetto che permette di dare all’opposizione a Tap un respiro internazionale, che faccia guardare, ad esempio, a quelli che sono gli interessi di Eni nel mondo che, con la sua sottoposta Saipem, sta realizzando in Salento il pozzo di spinta, fase preliminare alla realizzazione del microtunnel. Oppure  permette di comprendere il peso geopolitico di un gasdotto che attraversa anche la Turchia con le sue mire espansionistiche e le sue responsabilità nel massacro dei Curdi.

Ma internazionalizzare può voler dire anche contribuire a rompere con la normalità del controllo, della sicurezza, di una vita irreggimentata. E ciò è possibile grazie al grande limite che una struttura sociale come quella in costruzione si porta dietro. La ramificazione degli apparati tecnologici è il punto debole del nuovo impero. La fantasia e l’imprevedibilità dell’azione possono essere ingredienti molto importanti in questo senso.

Questa può essere la differenza da cogliere per sottrarre linfa ed energia a questo mondo.

 

Tra insurrezione e rottura

Nel momento in cui una nocività, una devastazione ambientale incombono possono accadere molte cose. Può accadere che la protesta si generalizzi, che molte persone si coinvolgano e tentino di opporsi al nuovo mostro che si palesa davanti. E ciò è accaduto esattamente nel marzo 2017 in Salento, quando un fatto banalissimo, il blocco dei camion che trasportavano alberi espiantati da Tap per realizzare il cantiere, ad opera di otto manifestanti che si sono seduti per terra, è stata la scintilla che ha infiammato la protesta. Nelle settimane seguenti si è potuto sperimentare qualcosa di nuovo su un territorio da troppi anni sonnolento e immobile. Centinaia di persone si sono messe in mezzo in prima persona per bloccare i camion, per impedire a Tap di andare avanti con i lavori, affrontando la polizia, discutendo, riflettendo anche su altro e mettendo in moto la fantasia. La rabbia, per una volta, ha preso il sopravvento sulla vita mercificata e alienata. E in fondo, per chi scrive, non ha importanza se la motivazione principale sia stata la difesa della propria salute o della propria terra, la reazione per l’ennesima opera imposta o il legame con gli ulivi, espiantati a centinaia. Le possibilità che in una situazione di quel tipo potevano svilupparsi erano comunque un pericolo per l’ordine costituito che, naturalmente, ha cercato di far rientrare la situazione con i metodi classici della repressione e della criminalizzazione, fino ad arrivare alla istituzione di una zona rossa con cancellate e filo spinato, check-point e presenza massiccia di polizia.

Ma non è solo lo Stato ad essere intervenuto, ma anche decine e decine di militanti, riformisti, pacifisti e organizzatori di ogni specie che, alla spontaneità di una protesta, hanno cercato di dare una forma organizzata; all’orizzontalità dell’agire hanno sostituito lo specialismo. Tutto ciò, insieme ad altri elementi quali dissociazioni e inesperienza, hanno smorzato e forse affossato quell’occasione.

Infatti la realizzazione della zona rossa ha insinuato esattamente ciò che il Potere voleva insinuare. La paura verso ciò che viene considerato più forte, uno Stato con i suoi apparati di polizia che mostrano i muscoli e la rassegnazione verso un’opera ormai in fase di realizzazione.

La rabbia purtroppo non ha avuto la meglio e naturalmente il percorso è diventato tutto in salita.

Chi, però, ha sempre considerato il gasdotto Tap solo come una parte della sua opposizione non ha avuto di che mortificarsi. Se la rabbia è stata in parte accantonata e l’indifferenza ha preso il sopravvento, se le istituzioni e la multinazionale hanno alzato il tiro, dato l’interesse enorme che hanno nella realizzazione di questo gasdotto, niente in fondo è perduto.

Se Tap cerca di inserirsi nella società e se i più non la percepiscono come un problema, allora Tap diventerà un problema per tutti. È sotto questo auspicio che pensiamo sia necessario bloccare tutto e rompere la normalità che ci attanaglia. Ed è sotto quest’ottica che sabotare, bloccare, distruggere,  essere spine nel fianco, crediamo possa essere un metodo di intervento che si può estendere, contro Tap e contro questo mondo.

Alcuni nemici di Tap, maggio 2018

Articolo pubblicato su “L’urlo della terra” n. 6 luglio 2018


Contro il TAP !

Posted: Luglio 3rd, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Contro il TAP !

No al Trans Adriatic Pipeline – in costruzione in Grecia, Albania ed Italia – per trasportare gas naturale dal Mar Caspio in Europa

Nel 2003 sono stati fatti i primi progetti. Nel 2015 sono iniziati i lavori in Albania, ed ora il gasdotto è in costruzione sia in Grecia che in Italia. Parte nei pressi del villaggio greco di Kipoi, al confine turco (dove si collega al già esistente Trans Anatolian Pipeline). Da lì dovrebbe attraversare gran parte della Grecia settentrionale, correre attraverso l’Albania, gettarsi nel mare Adriatico per raggiungere infine il Salento, in Italia. Lungo il tracciato del gasdotto, in Grecia è prevista la costruzione di 22 stazioni di valvole di blocco (punti di possibile interruzione e/o manutenzione), e 2 centrali di depressurizzazione (vicino a Kipoi e Serres) per facilitare il passaggio del gas.

In Italia è in corso una lotta consistente contro questo nuovo progetto del potere in una combinazione offensiva di opuscoli, giornali e manifesti, atti di sabotaggio, manifestazioni e attacchi contro le strutture del gasdotto stesso, così come contro le aziende che beneficiano della sua costruzione e sfruttamento. Anche nella regione greca di Kavala, gli abitanti del posto in diverse occasioni si sono dati da fare per bloccare fisicamente la continuazione dei lavori.

Lo Stato e l’industria energetica vorrebbero farci credere che se spendono una quantità inimmaginabile di denaro, distruggono terre e militarizzano intere zone per costruire nuove gigantesche infrastrutture, ciò avviene per consentirci di vivere la nostra esistenza quotidiana. Ma, a parte il flusso di denaro che garantirà agli Stati e alle società coinvolte nel TAP, dobbiamo chiedere a noi stessi: a cosa serve davvero tutta questa energia? Non sono i nostri bisogni fondamentali a richiedere la quantità di energia oggi prodotta. Sono le industrie che mantengono questo mondo capitalista, è l’industria della guerra, è il flusso costante di informazioni e di “capitale umano”, è…

È il carburante per la società che continua a produrre ricchezza per alcuni, e povertà e miseria per molti.

Ogni progetto realizzato senza alcuna reale resistenza è una lezione di pacificazione. Porta un messaggio sociale che vuole dimostrare che il nostro l’ambiente non esiste, che sarà sempre il loro ambiente. E trasformano un campo in una prigione, una foresta in una stazione di compressione del gas, una montagna in una miniera d’oro, e così via. Finché non ci si solleva e si lancia, anche con un semplice gesto, sabbia nella macchina.

I tentacoli del TAP arrivano lontano. C’è lo stesso gasdotto in costruzione, con le sue opere di scavo, la sua costruzione di stazioni di valvole di blocco e di compressione, distribuite su centinaia di chilometri. Solo in Grecia ci sono aziende come Makedoniki Etm Ee, Siemens e Gaia SA a Salonicco, e Ellaktor, J & P Avax SA, Corinth Pipeworks SA, Terna SA, Siemens, Kantor, Geomatics Sa, C & M Engineering, Speed ​​SA ad Atene, che partecipano direttamente al lavori di costruzione. Ci sono gli uffici dei progetti a Salonicco, Atene, Komotini e Kozani. E naturalmente ci sono i politici, i loro uffici, le loro case di vacanza, i loro campi da golf, i loro ristoranti preferiti… E poi c’è ogni pezzo delle infrastrutture del denaro, della comunicazione e del flusso di prodotti del sistema capitalista di cui il TAP vuole diventare parte.

Le vene del dominio si diffondono in molti luoghi. Con creatività sovversiva possiamo rintracciarli ed interromperli…


Attacco all’energia

Posted: Giugno 16th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Attacco all’energia

Pare proprio che in Francia sempre più funzionari dello Stato e dell’Economia stiano capendo che l’energia che fa andare avanti il loro mondo ha un difetto non irrilevante: non nasce dal nulla, viene generata in luoghi precisi e scorre lungo tracciati lunghissimi e incontrollabili. Il che fa venire  certe idee alle teste calde…

Lo scorso 4 maggio i tecnici del comune di Feuillade (Charente, dipartimento della Nuova Aquitania) scoprono che un traliccio dell’alta tensione presente sul loro territorio ha i piedi d’argilla e rischia di crollare da un momento all’altro: qualcuno ne ha indebolito le basi, tagliandone delle traversine.

Poi, la mattina del 19 maggio, l’EDF constata cosa significhi lasciare le proprie strutture sprovviste di telecamere e sistemi d’allarme. Ad Albertville, dipartimento della Savoia, una parte “scoperta” di un sito tecnico dell’Enel francese è stata devastata.

Infine, nella notte fra il 31 maggio ed il 1 giugno, sulle colline di Marsanne (dipartimento della Drôme), due pale eoliche vengono date alle fiamme ed i danni sembra ammontino a 2 milioni di euro. In questo caso gli autori del gesto hanno provveduto a lasciare dietro di sé un testo, reperibile in rete:

***

La prima notte di giugno, nel comune di Marsanne, diparlimento Drôme, sono state attaccate col fuoco due turbine eoliche industriali, una cabina delle quali è stata completamente distrutta dalle fiamme.

Abbiamo proceduto così:

– avvicinamento fino al luogo

– rottura della serratura d’entrata

– apertura delle centraline elettriche

– salita tramite la scala verticale della pala

– apertura delle centraline elettriche

– posizionamento dei congegni incendiari (bottiglia di plastica, fil di ferro, diavolina)

– accensione (accendino), discesa

– inzuppamento delle strumentazioni elettriche e delle materie plastiche con l’aiuto di un bidone di 5 litri (miscela olio/benzina)

– fuoriuscita sulla soglia, accensione (accendino)

– rientro in luogo sicuro

Abbiamo seguito questo metodo, non ritenendo affatto di aver agito nel migliore dei modi. Auspichiamo di condividerlo con chi vuole servirsene e riprodurre l’attacco.

Noi sogniamo, non un’organizzazione, ma individui che agiscano per proprio conto, associandosi occasionalmente in nuclei di sabotaggio, senza altra preoccupazione che godere senza riserve combattendo nel contempo il dominio.


Ilva

Posted: Maggio 28th, 2018 | Author: | Filed under: Energia | Commenti disabilitati su Ilva

ILVA